Chi erano le ragazze?
Chi erano le ragazze? Helena, Sofìa, Bàrbara, Miranda. Si salveranno le quattro fanciulle scomparse, che gli Eroi di Figueras tentano di sottrarre alla feroce OFAC?
Si chiamavano, in realtà, Estela, Diana, Marina, Beatrix, le quattro figlie sequestrate rapite e uccise, insieme ai loro mariti, di Héctor Oesterheld, l’autore de L’Eternauta egli stesso assassinato dal regime militare argentino. Tutti desaparecidos, fatti sparire come se non fossero mai esistiti. Sequestrati, torturati e poi gettati da aerei in volo nelle acque dell’oceano, dopo avere ricevuto la benedizione di sacerdoti complici. Le vittime furono migliaia e migliaia, soprattutto giovani. Un’intera generazione sterminata. Intellettuali, scrittori, artisti finirono nel mirino della repressione, il cui obiettivo era distruggere anche la vita culturale dell’Argentina.
Amavano la cultura e amavano studiare le quattro ragazze scomparse, quelle immaginate da Figueras e quelle realmente esistite. Ai giovani protagonisti de Il Re dei rovi la scuola non dispiace poi tanto.

Foto tratta dal libro Gli Oesterheld di F. Nicolini e A. Beltrami, © 001 EDIZIONI 2018
Il giorno seguente tornò a scuola.
A differenza dei suoi amici, a lui non dispiacevano le lezioni. Era vero che i professori parlavano di cose irrilevanti per la sua vita: matematica complessa, geografia di altri continenti, tempi verbali (Milo credeva di essere puro presente, dato che il suo passato era sepolto e un futuro non ce l’aveva). La scuola però gli dava l’illusione di fare almeno un po’ parte di questo pianeta. Lo costringeva a frequentare altra gente, oltre ai parenti dei defunti, ai becchini e ai poliziotti; lo faceva sentire quasi umano.
E poi lo proteggeva dalla schiavitù. Don Maciel voleva che lavorasse al suo servizio a tempo pieno. «È il minimo che puoi fare» diceva. «Io ti ho dato la vita, mi sono fatto il culo per te per anni!». Per fortuna di Milo, quando gli passava la sbronza la sua coscienza borghese si rifaceva viva. Non si azzardava ancora a ordinargli di lasciare la scuola. Anche se, secondo Milo, era solo questione di tempo.
Il vicedirettore, che di nome faceva Barbeito (sembrava uno scherzo, ma era vero che aveva una barbetta), aveva perforato la sua corazza e conosceva bene il caso. Sapeva che, benché fosse intelligente, Milo era a un passo dall’essere espulso dal sistema. E dato che la situazione lo indignava profondamente, faceva qualcosa che non avrebbe dovuto fare: quando i registri di classe gli passavano per le mani, trasformava le assenze di Milo in presenze.
Milo non andava a scuola quando era costretto a lavorare. Il vicedirettore non era l’unico a saperlo, lo sapevano anche i suoi amici. Per questo gli passavano gli appunti e, se possibile, anche i compiti fatti.
Milo preferiva copiare quelli del Bava, che era un bravo studente e scriveva in modo chiaro.
Di Pierre non si fidava, perché sentiva la metà di quello che veniva detto in classe. Il suo amico andava a dormire a orari impossibili, dopo il lavoro con il quale contribuiva all’economia familiare. Era quello che nel Delta chiamavano un ‘rastrellatore’: frugava negli immondezzai in cerca di qualcosa di vendibile. Le discariche tenevano in vita tanta gente, però presentavano il conto. Il fratello maggiore di Pierre, Alain (i Tocopilla erano di Pando, in Bolivia, e per qualche motivo che gli sfuggiva avevano un debole per i nomi francesi), era stato seppellito da una frana di rifiuti.
Il Bonzo prendeva la scuola sul serio, ma aveva una calligrafia illeggibile. Aveva perso due dita nell’incendio della baracca in cui viveva (sia Pierre che il Bonzo abitavano nella villa San Francisco, la più infiammabile delle baraccopoli). L’incidente gli aveva anche rovinato la faccia, che era rimasta piena di cicatrici. Spesso i suoi compagni (la scuola, come tutte le altre, era piena di idioti) abbandonavano il nomignolo di Bonzo per chiamarlo Monster oppure Artiglio.
La ragione che aveva messo insieme i quattro era semplice: nessun altro voleva avvicinarli. Né in cortile, chiuso da muri sormontati da filo spinato. Né in classe. E tanto meno per strada…
È una lotta continua per restare umani, quella dei ragazzini nella Buenos Aires del 2019. Ma non solo a Buenos Aires. Alla ricerca di un’umanità perduta sono anche i personaggi fantastici che Figueras fa vivere ne Il Re dei rovi.
Anche i Fumetti in carne e ossa, a volte, si innamorano!
Aveva attirato la sua attenzione per tre motivi: perché era bellissima (quando lo disse ebbe la sensazione che Helena sospirasse), perché era cieca e perché andava tutti i giorni con una brocca ad attingere acqua da un fiume in secca.
All’inizio pensò che fosse pazza. Ma andava al fiume due volte al giorno, sempre negli stessi orari (la seconda, per fortuna di Metnal, dopo il calar del sole), con una puntualità che non sembrava propria di una folle.
Metnal frequentava quel luogo, dove entrava e usciva da Xibalbá. Ah Puch l’aveva messo al lavoro come mastino. Il suo compito consisteva nell’inseguire quelli che fuggivano dagli inferi, e anche quelli che cercavano di scansare la condanna che si erano guadagnati (la sceneggiatura del fumetto era incentrata su questo: il Metnal di carta aveva sembianze e modi da mostro, ma assolveva al lodevole compito di liberare i vivi dai malvagi nascosti tra le loro file). Vedeva dunque Lara con una certa frequenza. Scoprì che la ragazza lo ossessionava; e con il passare dei giorni ridusse le distanze.
Ben presto cominciò a farsi trovare lì prima del suo arrivo. Si sedeva su un masso ancora caldo ad aspettarla e la guardava al lavoro senza dire nulla. Dato che non respirava né aveva un cuore che pulsasse, la sua presenza poteva essere impercettibile come quella di un fantasma.
Ma una sera, senza neppure un saluto o una richiesta di identificarsi, lei gli chiese se voleva dell’acqua. Metnal si guardò intorno, per vedere se stesse parlando a qualcun altro: ma non vide nessuno. Lara ripeté l’offerta, confermandogli che stava parlando con lui: non era forse l’uomo che la proteggeva tutte le sere, mentre svolgeva il proprio compito?
«Prima del suo arrivo questo posto si riempiva di bestie al calar del sole» gli disse Lara. «Scorpioni. Sciacalli. Criminali in fuga dalla giustizia. Ma da quando è arrivato lei, signore, nessuno mi importuna. Di questo le sono grata. Se avessi qualcosa di più prezioso da offrirle di quest’acqua, glielo darei subito!».
Anche se non aveva sete (non aveva più bevuto dell’acqua da quando era fuggito dall’ospedale, ora non ne aveva più bisogno), Metnal accettò l’offerta.
Lara protese le mani con la brocca che aveva trascinato sul fondo pietroso del fiume.
Era piena d’acqua fresca. Metnal bevve un sorso. E sentì che la sua sete era placata.
Da quel momento si videro tutte le sere. Gli incontri duravano sempre più a lungo, mentre il cielo si riempiva di stelle.
Un po’ per volta lei gli raccontò il poco che aveva da raccontare. Era rimasta cieca all’età di cinque anni, quando era stata investita da un camion con la targa del Sonora. Una maga le aveva detto di non preoccuparsi, perché aveva perduto la vista per guadagnare in visione. E poi si occupava del vecchio padre, che diceva di soffrire per colpa di tutti i mali del mondo ed era felice solo quando Lara gli dava da bere.
Metnal si sorprese a raccontarle a sua volta la propria storia. Si era lanciato quasi senza rendersene conto, come se aprisse il suo cuore a qualcuno che conosceva da una vita. Per tutta la durata del racconto, continuò a pensare che non voleva spaventarla. Ma al tempo stesso aveva l’inspiegabile sensazione che Lara non l’avrebbe respinto, anzi, l’avrebbe capito.
Quando ebbe terminato lei rimase in silenzio. Metnal credette di aver commesso un errore confessandole tutto. Ma Lara si mise a cantare. Intonò una melodia molto semplice, una canzone che parlava di un vecchio topo. E quando tacque, gli accarezzò il viso come se lo vedesse, anzi, come se conoscesse i suoi lineamenti a memoria.
Capì che era innamorato. Come non lo era stato mai. Neppure quando il suo cuore batteva davvero…
Mondo reale e realtà virtuale. Ma è la fantasia il vero “motore” del cuore, la realtà umana.
«Internet non ucciderà mai il romanzo» afferma Marcelo Figueras che ne Il Re dei rovi fa appena affiorare Facebook, ma per porre in primo piano la Poesia.

Sulla bacheca Facebook di Fleur du Lys c’erano dei post nuovi. Fu un sollievo, significava che Fleur du Lys non si era data per vinta.
Nei post più recenti trovò dei sottotesti che a Bárbara sembrarono trasparenti. Uno era una poesia di Howard Moss intitolata The Pruned Tree, ovvero ‘L’albero potato’. Il testo completo avrebbe ingannato le spie, che sicuramente non apprezzavano la poesia. Ma gli occhi di Bárbara individuarono i versi che dicevano ciò che Fleur du Lys provava (come sbagliarsi?): ‘…La mia ferita è stata la mia cura / E le perdite mi hanno fatto più bello… / Spogliato, mi rallegro di ciò che mi hanno tolto / Cosa potrà fare la luce della luna con la mia nuova forma?’.
L’altro era un link a un video di Leonard Cohen su YouTube. La canzone intitolata The Traitor, ‘Il traditore’.
Bárbara la conosceva. Era quella che diceva: «I sognatori cavalcano contro gli uomini d’azione / Guarda gli uomini d’azione come si ritirano».
Si chiese se quello di Fleur du Lys fosse solo un omaggio al padre, da sempre fan di Cohen. O stava cercando di dirle qualcosa, scegliendo ‘Il traditore’?
Lottò contro la tentazione di mandarle un messaggio (era tra i contatti di Fleur du Lys con il nome di ‘WonderCina’). Qualcosa di vago ma che le desse speranza. Che le dicesse che nonostante la tragedia avrebbero cambiato il corso del proprio destino. Ma non le venne in mente niente che non suonasse naïf o pieno di luoghi comuni: niente all’altezza di Cohen o di Howard Moss.
Si limitò quindi a inserire la pen drive nella porta USB, facendo attenzione a non essere vista (una vecchietta che maneggia con disinvoltura certi aggeggi avrebbe attirato ancora di più l’attenzione), e aspettò che il virus finisse di caricarsi.
Il prossimo che avesse usato quel terminale l’avrebbe trovato privo di sistema operativo…
Il Bava aveva quindici anni…
Il Bava aveva quindici anni, ma quanto a emozioni intense avrebbe potuto dare lezioni a chiunque…
Ambientato in un futuro ormai contemporaneo, nel 2019, Il Re dei rovi propone un mix di generi e linguaggi, e di personaggi che si muovono attraverso realtà spesso crude e difficili.
Lo sfondo è di denuncia sociale. La crisi economica ha colpito duramente e mietuto innumerevoli “vittime”, con la complicità oscena della politica.
La situazione del Bava, uno degli adolescenti protagonisti del racconto, ne è un esempio.
I Bava (così li chiamava Milo, e il nomignolo era entrato nell’uso) erano una delle tante famiglie colpite dalla crisi. La tragedia si era svolta secondo il solito copione, dettaglio più, dettaglio meno: governo boicottato dai poteri forti, disordini nelle strade, elezioni anticipate; vittoria di un candidato che, consacrato come Salvatore della Patria, aveva preso misure ‘dure ma necessarie’ che avevano impoverito i suoi elettori, con la scusa di perseguire il bene comune.
Bava Padre aveva passato due anni a letto, vittima di una depressione. Finché un parente gli aveva trovato un lavoro, al di sotto delle sue qualifiche e lontano dai suoi gusti (Bava Padre era giornalista), ma con cui portava la pagnotta in tavola. Avevano ancora molti debiti da pagare. Il più grosso era il mutuo della casa, di cui però per legge non potevano disporre: se anche avessero fatto la fame, non avrebbero potuto venderla.
Delle tante ragioni che rendevano traumatica la situazione, nessuna era più grave per il Bava dell’impossibilità di comprare fumetti.
Resistere e sperare sempre in una possibilità di libertà, attraverso la fantasia, è il tratto che accomuna gli eroi popolari di Figueras. Anche nelle situazioni più disperate, la capacità di reagire fa compiere loro gesta epiche. Nonostante il devastante clima umano che li circonda. Il pericolo per la vita è legato al pensiero: anche solo avere delle idee può costare caro.
La violenza cui i media facevano da cassa di risonanza gli era passata lontano, finché non era suonata l’ora del Parrucca Rojas. Il Parrucca andava alla loro stessa scuola, era due anni avanti al Bava e a Milo. L’OFAC l’aveva mitragliato senza pietà, ma quella non era stata la sua unica morte. Quella definitiva era venuta dopo, quando giornali e televisione l’avevano diffamato.
Il Parrucca viveva nella villa San Francisco e questo lo rendeva sospetto per definizione. Ma era stato un delinquente occasionale, e solo suo malgrado. Il peccato che l’aveva portato alla morte era stato piuttosto quello della militanza politica.
Il Bonzo era entrato da due mesi a far parte del gruppo che il Parrucca aveva fondato nella baraccopoli (si chiamavano ‘I traviati’) quando era scoppiato l’incendio che se l’era mangiato vivo. Fino a quel momento, il Bonzo era Jonathan Vergara. Non lo sarebbe stato mai più. Il Bava si sentiva ancora in colpa per il soprannome. I bonzi storici si davano fuoco di propria volontà, mentre il suo amico non aveva mai voluto andare arrosto. L’errore era stato tirare fuori l’analogia davanti alle persone sbagliate. Cioè quegli imbecilli dei suoi compagni.
Milo, Pierre e il Bava avevano montato la guardia al Centro grandi ustionati. Quando arrivava il suo turno, il Bava faceva uno sforzo per non darsela a gambe.
Non si era ancora abituato alla faccia senza naso del Bonzo, alla sua pelle rosata e piena di bolle da mostro spaziale.
Gli voleva un mondo di bene, quello non era cambiato. Ma gli si rizzavano i capelli sulla nuca ogni volta che lo vedeva.

Il Re dei rovi scorre come una corrente nel fiume della storia dell’Argentina. Vi si ritrova in pieno la tradizione narrativa del grande paese sudamericano, con riferimenti circostanziati al contesto generale.
«Questo è un paese strano» continuò il Bava. «È sempre stato un banco di prova del potere mondiale. Per anni, ad esempio, siamo stati governati da militari. Alla fine sono caduti in disgrazia, erano diventati indifendibili. Allora i potenti hanno cercato un altro modo per arrivare al governo. Ci hanno provato un migliaio di volte, finché ci sono riusciti. Ecco perché oggi abbiamo un governo conservatore e repressivo».
«Conservatore?».
«Nemico dei poveri! Siamo governati da un’aristocrazia che, per assurdo che possa sembrare, è salita al potere grazie al voto popolare. La forza del denaro: tanto marketing, manipolazione dei media, propaganda… Fatto sta che sono riusciti a convincere la metà dell’elettorato più uno che il lupo era un buon guardiano per le pecore. Anche mio padre, purtroppo. E sì che è gente che ha studiato!».
Milo pensò che fosse arrivata la sua occasione. Fece segno al Bava di continuare a parlare.
«Da quando il presidente in carica ha vinto le elezioni» disse il Bava senza farsi pregare, «ha favorito i suoi amici e prodotto poveri su poveri. Per tenere sotto controllo le proteste, ha creato una polizia con pieni poteri a cui ha triplicato il budget, ha raddoppiato il numero degli effettivi ed emanato decreti che la sollevano da ogni responsabilità nella repressione. Adesso qui ci sono squadroni della morte. Come una volta in Brasile!».
«Squadroni della morte» insisté il Bava, notando lo sconcerto dei presenti. «Bande che assassinano ragazzi poveri. Li accusano di attività criminali che non si prendono il disturbo di dimostrare. Un modo drastico di seminare il terrore, e anche di esercitare il controllo demografico. L’OFAC è l’élite di questi gruppi d’assalto, creata con la scusa di combattere il terrorismo. O-effe-a-ci. Organizzazione Federale Affari Comunitari. I tizi che sono rimasti là nel cimitero, rigidi come statue».
Il suo discorso fu interrotto da Milo, che passava all’azione.
Il passato che ritorna. Violenze manifeste e violenze invisibili. Il presente che mostra contorsionismi già visti: potrebbero riguardare realtà contemporanee di molti paesi, le rappresentazioni dell’artista Figueras che mentre cita e rende omaggio a Oesterheld e a L’Eternauta, racconta quello che potrebbe attenderlo, lui e tutti noi, in un futuro che è stato tante volte, nella storia, sotto gli occhi di tutti, prima di diventare un tragico passato.

Non appena il nuovo presidente si era insediato, la violenza era dilagata nelle strade. Tutti i giorni si contavano nuove vittime. Ammazzate nelle loro macchine, nei bar, nell’intimità delle loro case.
I mezzi di comunicazione dedicavano prime pagine e ampio spazio a questi fatti. La colpa di tutto, dicevano, era l’aumento della criminalità che i giudici rendevano possibile con il loro garantismo. Criticavano il fatto che la gente fosse rimessa in libertà per mancanza di prove, che i detenuti fossero rilasciati una volta scontata la condanna. Anche se i numeri indicavano che, al contrario, le carceri non erano mai state più affollate.
Ben presto cominciarono a circolare voci che raccontavano ciò che i media non volevano vedere.
Molte delle vittime avevano ruoli pubblici nella comunità. Rappresentanti sindacali. Insegnanti. Militanti di ONG. Giornalisti. Tutti critici nei confronti del Governo e impegnati per una politica che mettesse fine all’esclusione sociale.
Era vero che non si trattava di figure di spicco, ma la tesi rimaneva valida: i tratti che accomunavano le vittime permettevano di parlare di una campagna di violenza perfettamente orchestrata.
Presto avevano tirato fuori la scusa del terrorismo.
Tre attentati avevano innescato la caccia.
Rivendicati da un’organizzazione che si faceva chiamare Anarchia (lasciava la propria firma sui muri, una A tra parentesi), scatenarono per prima cosa l’offensiva dell’OFAC: subito cominciarono le sorveglianze, le intercettazioni, le retate in cerca di persone sospette.
A nulla valse che in tanti mettessero in dubbio l’esistenza di quella banda armata.
[…]
Secondo il ministro popolarmente noto come l’Eminenza grigia, gli attentati dimostravano senz’ombra di dubbio l’esistenza di (A).
Un quarto attentato contro un funzionario eletto, questa volta fallito, aveva portato alla Legge Generale di Emergenza.
Sia l’Autore che le sue Figlie avevano preso parte alla campagna contro il varo della legge. La ritenevano uno strumento perverso, che limitava le libertà con il pretesto del bene comune.
Ma il Congresso l’aveva approvata, congratulandosi per avere dato una risposta a quelle che chiamava ‘le istanze dei cittadini’.
Furono revocate le licenze a radio e televisioni. Furono chiusi alcuni giornali. Si stabilirono dei meccanismi di censura preventiva.
Fu allora che (A) tornò alla carica.
Fecero saltare in aria l’automobile del colonnello Lazarte, il capo dell’OFAC.
Emilio Lazarte non era un militare ma un avvocato. Lo chiamavano colonnello perché dei militari aveva il portamento, i baffi, la voce autoritaria con cui rispondeva alla più semplice delle domande. Il giornale “Página 12” l’aveva rappresentato a letto, con un pigiama mimetico: un chiaro fotomontaggio, ma non per questo meno divertente. L’attentato, invece, non fu affatto divertente. Lazarte non si fece un graffio; del suo autista, invece, non furono ritrovati che pochi pezzi.
Poi (A) sequestrò un imprenditore e chiese il riscatto.
La campagna del Governo si fece sempre più pressante. Le cose erano arrivate a un punto tale, si argomentava, che non si poteva far altro che passare all’azione.
Insieme ad altri delitti commessi simultaneamente, l’assassinio di Helena fu l’inizio della repressione…
Intervista a Barbara Baldi
Tra la pioggia e i rovi. È lì che con l’immaginazione si deve andare a cercare…
Parole di Barbara Baldi, illustratrice, colorista, fumettista e autrice del disegno di copertina de Il Re dei rovi di Marcelo Figueras, in uscita il 6 settembre 2019 per L’Asino d’oro edizioni.

Barbara Baldi, che quest’anno ha creato e disegnato il poster di presentazione del Lucca Comics & Games 2019 , ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande, con grazia e sensibilità, qualità che si ritrovano nel tratto armonico e passionale dei suoi disegni.
Il Re dei rovi è un omaggio a Héctor Germán Oesterheld, famoso autore del capolavoro a fumetti L’Eternauta e alle sue figlie scomparse. I personaggi alludono a una nuova resistenza contro chi cerca di condizionare il pensiero degli essere umani annullandolo. Un plot che si dipana attraverso la formula narrativa del fantasy.
Come è iniziata la tua “avventura” con Il Re dei rovi e il suo autore Marcelo Figueras?
Una proposta interessante, quella di illustrare la copertina di una storia così ricca di emozioni.
Ho accettato subito ed è stato interessante, oltre che divertente.
Quali sensazioni hanno colpito la tua immaginazione?
Il dramma è una cosa che paradossalmente amo molto, ancora di più se si tratta di fatti realmente accaduti.
L’insieme di due generi, fantastico e drammatico, mi è piaciuto fin da subito e la scena dell’illustrazione mi è uscita spontaneamente.
Quale tecnica hai scelto per illustrare la copertina de Il Re dei rovi?
Ho scelto una tecnica digitale. È una tecnica che utilizzo spesso e che mi permette di contrastare il chiaroscuro e le tonalità, per creare il dramma. Utilizzando più livelli, la tecnica digitale mi permette di aggiungere strati di pioggia, nebbia o elementi che possano aiutare a raccontare.
Amo molto il contrasto tra le luci e le ombre e lavoro come se avessi dei pennelli veri sulla tela.
Ci sono ovviamente delle differenze tra la graphic novel e questo tipo di testo. Come hai conciliato l’esigenza di rappresentare la scrittura che evoca immagini e il disegno che ne racchiude e ne richiama altre?
Il disegno, esattamente come la scrittura, descrive mondi, emozioni o situazioni.
Allo stesso modo però, non descrive mai abbastanza. Questa è la parte che preferisco: il disegno dà spazio alla nostra fantasia e al nostro immaginario.
Possiamo così completare il racconto anche attraverso una nostra interpretazione, aggiungendo elementi personali.
Nella copertina che ho illustrato, potrebbero nascondersi infiniti elementi, basta vederli con l’immaginazione, tra la pioggia e i rovi.
Spesso lascio “incompleti” i miei disegni, per dare freschezza e rendere gli elementi vibranti e vivi. Anche in questo modo, invito chi guarda a farli vivere.
Pensi che l’arte sia una forma di resistenza o di libertà rispetto alla realtà materiale e razionale spesso priva di fantasia?
L’arte è una forma di resistenza, senza dubbio.
Io stessa utilizzo questo potente mezzo per parlare di ribellione, emancipazione o di redenzione. Esistono diverse forme di arte, più o meno potenti, utili per far riflettere o per migliorare determinate situazioni.
Nel mio caso, diverse persone hanno trovato una loro voce attraverso i miei libri.
È un aiuto reciproco, una forma di rispetto e di amicizia che si va a creare.
BARBARA BALDI – Diplomata all’Accademia Disney di Milano nel 2000, dopo alcune collaborazioni nel 2001 come colorista alla realizzazione di fumetti e libri per il mercato italiano, americano e francese (Sky Doll Ed. Soleil, Monster Allergy Ed. Walt Disney Italia, Will di Guillaume Bianco Ed. Soleil), dal 2003 è illustratrice per la serie di libri per ragazzi Fairy Oak di Elisabetta Gnone (Ed. DeAgostini). Per la Rainbow CGI lavora come color key artist per il film Winx 2. È illustratrice e colorista per diverse case editrici, tra le quali Pixar, Disney, Marvel, Eli Edizioni, DeAgostini, Piemme, Il Battello a vapore, Tunué, Les Humanoïdes Associés, Einaudi, Mondadori, Glénat Québeq, Norma Editorial, Ici Même Editions, Oblomov Edizioni ecc.
Lucenera (2017) è il suo primo graphic novel, edito da Oblomov Edizioni. Ada (2018) è il suo secondo graphic novel, edito da Oblomov Edizioni. Si è aggiudicata il Premio Micheluzzi come “miglior disegnatrice”, Napoli Comicon 2018 (libro Lucenera) e il Premio Gran Guinigi come “miglior disegnatrice”, Lucca Comics & Games 2018 (libro Lucenera). È candidata al Premio Artémisia 2019 (libro Lucenera).
Il Re dei rovi
Di Marcelo Figueras – Copertina di Barbara Baldi
A Buenos Aires un famoso Autore di fumetti è stato assassinato. Al suo funerale partecipano i parenti, i fan, la stampa e l’OFAC, l’infame polizia segreta.
Ma c’è anche qualcun altro. Quattro uomini vestiti in modo inusuale: Tariq il Moro, un cavaliere medievale, Saigon Blake, un pirata delle guerre dell’Oppio, Metnal, un vampiro di origine maya che dà la caccia alle creature scappate dall’inferno, e Flint Moran, un cacciatore delle praterie, ma del futuro. Nessuno presta attenzione a loro tranne Milo, il becchino.
Da dove provengono questi quattro uomini? È possibile che siano i personaggi dei fumetti dell’Autore? E sono così improbabili come sembra?
Milo, insieme al suo amico Bava, cercherà di scoprire il mistero che lega questa incredibile apparizione alla morte dell’Autore, dietro cui sembra esserci la terribile OFAC.
Con una prosa agile e intensa, Figueras attraversa linguaggi e generi narrativi diversi, dal romanzo d’avventura al fantasy, intrecciando con sapienza memorie salgariane e temi epici propri del fumetto, per rappresentare una realtà sorprendente e sfaccettata. Un omaggio a Hector Oesterheld, celebre fumettista argentino, autore de L’Eternauta – capolavoro che ha segnato un’epoca e più di una generazione anche in Italia –, desaparecido durante la dittatura, così come le sue figlie, tutte uccise dai militari, la cui immagine rivive nelle quattro ragazze rapite alle quali i protagonisti cercheranno di salvare la vita.
Una grande storia di amicizia e di lealtà, che lascia il lettore con la certezza che un altro mondo, anzi, altri mondi sono possibili.

L’Eternauta e L’invasione degli ultracorpi
Tutto ebbe inizio con una misteriosa nevicata, fosforescente e letale, sulla città di Buenos Aires…
Il Re dei rovi di Marcelo Figueras evoca nella scrittura quelle atmosfere inquietanti che hanno segnato la memoria e la formazione di generazioni in Argentina, ma anche in Italia e nel mondo. L’eternauta, alias Juan Salvo, il “vagabondo dell’infinito”, viaggiatore del tempo, ricorda quei fatti e li racconta allo scrittore, che lo guarda incredulo: se lo è trovato di fronte all’improvviso, materializzato dal nulla, seduto su una poltrona del suo studio, nel cuore della notte. Inizia così L’Eternauta, capolavoro del fumetto mondiale, uno dei miti della letteratura argentina, creato dallo scrittore e sceneggiatore Héctor Germán Oesterheld, desaparecido con le sue quattro figlie. È a questa storica figura di artista che Marcelo Figueras rende omaggio con Il Re dei rovi.

Pubblicato per la prima volta nel 1957 per il settimanale “Hora Cero”, con i disegni di Francisco Solano López, L’Eternauta è il racconto di una lotta di resistenza, condotta senza quartiere, da parte di un piccolo gruppo di esseri umani che si oppone all’invasione aliena seguita alla claustrofobica nevicata. Il protagonista e i suoi amici sono in casa seduti a giocare a carte una sera quando dalla finestra appaiono i primi fiocchi extraterrestri. Da quel momento dovranno combattere contro creature mostruose provenienti dallo spazio, che uccidono e condizionano le persone, riducendole come automi senza pensiero, con cinica ferocia.
L’Eternauta evoca con le sue atmosfere L’invasione degli ultracorpi, il film di Don Siegel del 1956, e prefigura nella fantasia dell’artista quello che l’Argentina in realtà visse alla metà degli anni Settanta con l’avvento della dittatura militare del generale Jorge Videla. Lo stesso Oesterheld il 21 aprile 1977 venne sequestrato dai paramilitari del regime e non fu mai più ritrovato, così come le sue figlie, Estela, Diana, Marina e Beatrix, due delle quali incinte, insieme ai loro mariti. Tutti desaparecidos, una sorte condivisa con le migliaia di argentini fatti “sparire” e mai più ritornati, vittime di torture e uccisioni, in quegli anni bui nel paese sudamericano.

Nel 1961 L’Eternauta diede il nome a una rivista, sulla quale Oesterheld scrisse in forma di racconto la continuazione delle avventure di Juan Salvo (Juan Galves, nella successiva edizione italiana) sulla Terra. In una nuova versione de L’Eternauta, nel 1969, ridisegnata da Alberto Breccia, l’autore accentuò in maniera fortemente esplicita i riferimenti alla situazione geopolitica del Sudamerica e dell’Argentina. L’Eternauta, seconda parte (II), disegnata ancora una volta da Solano López, uscirà nel 1975: Oesterheld scrisse di nascosto gli ultimi capitoli durante la clandestinità, fino al giorno della sua scomparsa, quando venne rapito. In Italia il fumetto è stato pubblicato nel 1977 sul settimanale “Lanciostory” e successivamente ha dato il nome a una rivista omonima, “L’Eternauta”, uscita dal 1980 al 2000.
Nel 2011 l’editore italiano 001 Edizioni ha riedito la prima versione integrale e restaurata dell’opera, così come pubblicata originariamente su “Hora Cero”, in formato orizzontale. 001 Edizioni, che ha ricevuto il Premio Micheluzzi per la migliore edizione di un classico nel 2012, ha ristampato L’Eternauta II, con il titolo L’Eternauta. Il ritorno, pubblicando anche gli altri libri legati al personaggio creato da H.G. Oesterheld: i sequel a fumetti, il romanzo, i saggi dedicati all’opera e allo scrittore.
In Argentina, nel 2007, L’Eternauta è entrato a far parte del materiale didattico delle scuole superiori della provincia di Buenos Aires.
Marcelo Figueras presenta “Il Re dei rovi”
Il Re dei rovi si basa su una storia vera,
la storia di Héctor Germán Oesterheld, autore di fumetti come il famoso L’Eternauta,
che fu rapito e desaparecido durante la dittatura in Argentina proprio come le sue quattro giovani figlie.
Quello che ho fatto è stato trasferire la sua storia al presente
e immaginare che i personaggi di un autore di fumetti ucciso dal potere comparissero nel mondo reale
evocati dal loro creatore per impedire che le sue quattro figlie subissero lo stesso destino.
I quattro eroi sono: un cavaliere medievale nato in Medio Oriente,
un vampiro di origine maya, un pirata alla maniera di Sandokan, un pirata veterano della Guerra dell’Oppio, e un cacciatore delle praterie, ma del futuro.
In realtà i veri eroi di questo romanzo sono i ragazzi dei quartieri più poveri di Buenos Aires: due ragazzini di nome Milo e il Bava, che aiutano gli eroi a orientarsi nel mondo reale e a ribellarsi contro il potere disumano dell’Argentina di oggi.
La trama e i personaggi principali
IL RE DEI ROVI (titolo originale El rey de los Espinos)
Buenos Aires, 2019. La crisi avanza, la povertà dilaga travolgendo la classe media e il Governo usa il pugno di ferro per contrastare il “terrorismo” e qualsiasi forma di opposizione o minaccia sociale: il suo braccio armato, l’OFAC, è un’organizzazione che ricorda da vicino gli squadroni della morte degli anni Settanta.
Milo ha quindici anni e un padre alcolista e violento, ed è costretto a lavorare al posto suo come becchino. Un giorno assiste al funerale di un personaggio famoso, che si rivelerà l’Autore di fumetti venerato dal suo migliore amico e compagno di scuola, il Bava. L’Autore – che non viene mai nominato ma è chiaramente ispirato a Héctor Germán Oesterheld, padre de L’Eternauta, sequestrato e desaparecido nel 1977 durante la dittatura militare argentina – è stato assassinato dall’OFAC. Ma nel cimitero si materializzano altri quattro personaggi misteriosi: un pirata, un cavaliere medievale, un cacciatore del futuro e un energumeno vestito da motociclista. Saigon Blake, Tariq il Moro, Moran e Metnal sono personaggi usciti dalla penna dell’Autore: cosa ci fanno lì, così lontano dal loro mondo e dal loro tempo, e per giunta in tre dimensioni?
Inizia così un’avventura che vedrà coinvolti Milo, il Bava e altri compagni di scuola, gli Eroi dei fumetti, le quattro figlie dell’Autore entrate in clandestinità e un misterioso Vecchio che vive in una casa isolata nel Delta del Paraná, circondato da libri e depositario di molti segreti.
Un romanzo poliedrico e polifonico, con una molteplicità di punti di vista e di ambientazioni: c’è la grande Storia e le piccole e grandi storie, la scienza e la fantascienza, l’avventura e il fantasy, l’epica e la denuncia sociale. C’è la Britannia del VI secolo e la Cina della seconda guerra dell’oppio, l’Europa della seconda guerra mondiale e l’Argentina di un futuro prossimo venturo, gallerie gravitazionali e viaggi nel tempo e nello spazio, e poi i tanti riferimenti letterari a cui Figueras ci ha abituati. È anche una storia di crescita personale e di passaggio all’età adulta, un romanzo di formazione in piena regola. Gli eroi di questo libro sono quelle figure di solito relegate ai margini della società: donne, vecchi e ragazzini disadattati, che nella ricerca della giustizia trovano il coraggio di compiere gesta mirabolanti per sconfiggere Golia. Infine, è una grande storia di amicizia e di lealtà, che lascia il lettore con la certezza che un altro mondo, anzi, altri mondi siano possibili. Perché la realtà non è mai solo quella che sembra e forse non esiste un’unica realtà.
Di Gina Maneri, traduttrice
Un romanzo per tutti con contenuti universali, una visione del mondo alla ricerca della giustizia e del pacifismo, una scrittura di valore che da sempre contraddistinguono questo autore.

Personaggi principali
Milo Maciel. Quindici anni, lavora come becchino al cimitero di San Fernando. Vive su un’isola in mezzo al Delta.
Il Bava. Compagno e amico di Milo, è appassionato di fumetti.
Il Bonzo. Compagno di Milo e del Bava. Lo chiamano così perché è rimasto ustionato nell’incendio della baraccopoli in cui vive.
Pierre. L’ultimo del quartetto. Dopo la scuola batte gli immondezzai in cerca di oggetti di valore, insieme a tutta la sua famiglia.
Tariq il Moro. Cavaliere medievale, personaggio di un fumetto dell’Autore.
Saigon Blake. Protagonista di un altro fumetto dell’Autore. Mezzo irlandese e mezzo vietnamita, è un pirata che opera in Cina durante la seconda guerra dell’oppio.
Metnal. Altro personaggio dell’Autore. Un vampiro di origine maya che va a caccia di creature scappate dall’inferno.
Flint Moran. Eroe di un altro fumetto dell’Autore. Una sorta di cacciatore delle praterie, ma del futuro.
Eontamer. Veicolo di Flint Moran, metà nave spaziale e metà organismo vivente.
La Vedova. Moglie dell’Autore, il creatore dei fumetti che il Bava venera.
Helena. Figlia maggiore dell’Autore. Laureata in Storia dell’arte, brava disegnatrice.
Sofía. Un’altra figlia dell’Autore. Studia Matematica e fa l’insegnante di sostegno a bambini privi di mezzi.
Bárbara. Gemella di Sofía. Studia cinema e lavora in un pronto soccorso nella baraccopoli.
Miranda. Figlia minore dell’Autore. Ha quattordici anni e va ancora alle superiori, ma vuole studiare Scienze politiche.
Don Maciel. Padre di Milo, è vedovo e ubriacone all’ultimo stadio.
Il Vecchio. Abitante del Delta da cui Milo si rifugia quando scappa da suo padre.
Colonnello Lazarte. Capo di un’organizzazione antiterroristica chiamata OFAC (o, come dice il Bava, la Oh-Fuck).
H.G. Oesterheld

Nasceva cento anni fa, il 23 luglio del 1919, Héctor Germán Oesterheld, celebre fumettista autore de L’Eternauta, “desaparecido” e mai più ritrovato dopo il suo sequestro, avvenuto il 21 aprile 1977 ad opera dei paramilitari della nascente dittatura del generale Jorge Videla. Autore di personaggi di fumetti famosi anche in Italia, come il Sergente Kirk e Ernie Pike, con Hugo Pratt, ma anche nel 1968 di una biografia a fumetti di Ernesto “Che” Guevara molto invisa al regime, Oesterheld pagò con la vita il suo impegno politico.
Una sorte tragica, condivisa con le sue quattro figlie: Estela, Diana, Beatrix e Marina, anch’esse sequestrate e fatte sparire tra il 1976 e il 1977 nei centri di detenzione clandestina insieme ai loro quattro mariti. Due delle ragazze erano incinte. Avevano tutti aderito al movimento dei Montoneros, ala sinistra del Peronismo. L’unica sopravvissuta della famiglia, Elsa Sánchez, moglie di Oesterheld, è morta all’età di 90 anni nel 2015.

Foto tratta dal libro Gli Oesterheld di F. Nicolini e A. Beltrami, © 001 EDIZIONI 2018
Nella sua biografia familiare (Gli Oesterheld, a cura di Fernanda Nicolini e Alicia Beltrami, 001 Edizioni, Torino 2018), Elsa ricorda che Héctor raccontò la trama de L’Eternauta a Jorge Luis Borges, all’epoca direttore della Biblioteca Nazionale di Buenos Aires, a testimonianza di quanto fosse forte il legame dell’opera con la grande letteratura argentina, oltre che con i maggiori autori di fantascienza, da Wells a Verne, fino a Salgari.
Lo stesso Marcelo Figueras fa esplicito riferimento a Salgari, come fonte di ispirazione per il suo Il Re dei rovi, nel quale Oesterheld non è mai citato per nome, ma è presente nei panni del misterioso “Autore”.
Le capacità di scrittore e fumettista di Oesterheld, geologo con la passione della scrittura per l’infanzia, vennero notate, per primo, dall’italiano Cesare Civita, già direttore generale della Arnoldo Mondadori prima della Seconda guerra mondiale, il quale, costretto all’esilio per le sue origini ebraiche, fondò in Argentina le edizioni Abril, affidandosi a giovani talenti del fumetto italiani, tra questi Hugo Pratt, Dino Battaglia e Sergio Tarquinio, ai quali nel 1949 aggiunse, appunto, lo sceneggiatore Héctor Oesterheld.
Nel 1957 Oesterheld fondò una sua casa editrice, Frontera, che lanciò i settimanali “Hora Cero” e “Frontera”. E proprio su “Hora Cero” uscirà a puntate L’Eternauta, disegnato da Solano López: la storia di un gruppo di uomini comuni costretti a reagire in maniera straordinaria per sopravvivere a un’invasione extraterrestre. Un’anticipazione profetica di quanto stava per abbattersi sull’Argentina con il golpe militare e l’avvento del regime di Videla, nel 1976.
Secondo l’organismo argentino CONADEP (Commissione Nazionale sulla Scomparsa delle Persone), Oesterheld venne tenuto prigioniero in caserme e campi di detenzione clandestina per poi essere assassinato a Mercedes nel 1978.
Il Re dei rovi
I sognatori. Appartiene alla categoria di chi resiste e combatte in nome di un’utopia, e del sogno di un’umanità migliore, Marcelo Figueras, giornalista e scrittore argentino autore de Il Re dei rovi, romanzo d’avventura che percorre il genere fantastico ed evoca memorie di passioni adolescenziali per la fantasia e la libertà.
Omaggio palese a Hector Oesterheld, autore de L’Eternauta, capolavoro assoluto del fumetto argentino, Il Re dei rovi è l’occasione per riportare in primo piano la vicenda storica dei desaparecidos, tra i quali figurano tragicamente lo stesso Oesterheld e le sue quattro figlie – tutti scomparsi tra il 1976 e il 1977 – vittime del regime militare argentino.

Ma Il Re dei rovi offre anche una chiave di lettura del presente, un’epoca in cui la scrittura sembra relegata alla funzione di etichetta promozionale per messaggi da social network.
«Chi ha mai potuto assassinare un artista?» si chiede uno dei protagonisti del libro di Marcelo Figueras, un personaggio dei fumetti dell’Autore scomparso (alias Oesterheld), che si ritrova proiettato nella realtà e cerca di capirne il motivo. «Da quando ha smesso di… scrivermi, la mia vita si è trasformata in un inferno».
Un inferno che evoca l’orrenda realtà con la quale deve fare i conti l’Eternauta di Oesterheld, il quale da artista e anticipando la tragedia che anni dopo si abbatterà in realtà sull’Argentina, immagina un’invasione aliena contro la quale un piccolo gruppo di valorosi abitanti di Buenos Aires è costretto a combattere, affrontando mostri extraterrestri che uccidono e manipolano la mente degli umani, condizionandone la volontà, rendendoli vittime della loro stessa paura.
Figueras narra dei “fantasmi” di oggi e del passato con sapienza e leggerezza, muovendosi, in questo Il Re dei rovi, tra memorie salgariane, accenti fantasy e denuncia socio-politica, con la poesia e la sensibilità che gli sono proprie, come mostrato nel suo precedente Kamchatka, capolavoro umano di contemporanea grandezza.